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BOROVNICA 1943 ā€“ 1946 Lā€™ INFERNO DEI MORTI VIVENTI

Poco studiata le vicende degli italiani prigionieri di guerra in jugoslavia  vuoi  perché gran parte dei documenti  sono stati "secretati" dallo Stato italiano fino al 1997 vuoi perché nella Repubblica jugoslava la loro memoria è stata del tutto cancellata.
Imprecisato, sembra non inferiore a 50.000 negli oltre 50 campi jugoslavi, il numero dei prigionieri italiani peraltro di varia tipologia e provenienza: militari, paramilitari e appartenenti a corpi di polizia catturati sul territorio della Venezia Giulia a fine di aprile e nel maggio del 1945  si aggiunsero ai soldati italiani già imprigionati  dopo la capitolazione dell’Italia l’ 8 settembre 1943 dai tedeschi che abbandonavano il campo a seguito della progressiva liberazione da parte delle forze del Maresciallo Tito, mentre venivano catturati, perché considerati appartenenti alla nazione occupante, anche quei militari prigionieri in Germania e altre nazioni dell’ area tedesca che tentavano di tornare nella madrepatria attraverso il territorio jugoslavo.

Cartolina in franchigia della Demokratska Federativa jugoslavija inviata da prigioniero italiano il 26.1.1946 in  campo (A169) non identificato e diretta a Sellia Marina (CZ) ove giunse il 2.4,46.

 

 

 

 

 

 

 


   Le autorità jugoslave comunicarono alla Croce Rossa internazionale nell’ottobre 1945 la presenza di ancora 17.000 prigionieri italiani, nel gennaio 1946 12.000, nel febbraio 1947 circa mille rilasciati quasi tutti entro il settembre dello stesso anno.
La maggioranza dei catturati nella Venezia Giulia tra la fine di aprile e i  primi di maggio del 1945  fu collocata nel campo per prigionieri di guerra a Borovnica, presso Lubiana, area già utilizzata dalle truppe italiane di occupazione per internare slavi oppositori politici e partigiani. Si tratta di uno dei più crudeli e disorganizzati campi di prigionia in Jugoslavia diretto dal maggio 1945 al marzo 1946 da Ciro Raner e definito  “l’ inferno dei morti viventi”  da A. Santin  allora vescovo di Trieste.  Del tutto approssimative le stime, causa la distruzione degli elenchi ad opera dell’ OZNA la polizia segreta jugoslava, che vanno dai 5000 ai 10000 per il numero complessivo dei deportati mentre dai 3000 ai 5000 per gli scomparsi. Sembra che inizialmente i prigionieri vivessero in baracche semi distrutte senza gabinetti, senza acqua e lasciati seminudi, affamati, bastonati di continuo, spesso uccisi senza motivo dalle guardie e addirittura sottoposti ad eliminazioni di massa mentre imperversavano le epidemie. A seguito della propaganda giuliana filoitaliana  che presentava  Borovnica come la nuova Dachau le condizioni del campo furono migliorate mentre si procedette all’ evacuazione con il rilascio e il trasferimento in altri campi per cui alla fine di ottobre del 1945 risultavano rinchiusi  solo 352 prigionieri. La  Croce Rossa internazionale, nonostante sussistessero ancora aspetti negativi (vitto sufficiente ma povero, vestiario insufficiente, mancanza di coperte, igiene migliorata ma scarsa) prendeva atto nel novembre del 1945 che le condizioni dei prigionieri di guerra italiani in Jugoslavia erano notevolmente migliorate così che il trattamento potesse considerarsi conforme alla convenzione di Ginevra.

Cartolina in franchigia della Demokratska Federativa jugoslavija scritta il 15.11.1945 dal campo di BOROVNICA (Lubiana) e diretta a Sammarco (CZ) per mezzo della la Croce rossa di Belgrado

 

 

 

 

 

 

 

 


   Il campo venne evacuato nella primavera del 1946 e definitivamente chiuso in agosto.

BIBLIOGRAFIA:
DI SANTE C. - Nei campi di Tito. Soldati, deportati e prigionieri di guerra italiani in Jugoslavia (1941-1952) – ombre Corte 2007
GIUSTI M.T. - Militari italiani prigionieri in Jugoslavia dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 – Rubbettino Ed. 2008 - Ventunesimo Secolo Vol. VII pp. 57/82 –
GOBBATO F.G. - Borovnica e gli altri campi per prigionieri di guerra nell'ex-Yugoslavia 1945 – Adria Storia vol. XII,  2005
SAINI FASANOTTI F. -  La gioia violata. Crimini contro gli italiani 1940-1946, Milano, Ares, 2006.
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ROSSI KOBAU L. -  Prigioniero di Tito 1945-1946 : un bersagliere nei campi di concentramento jugoslavi, Milano, Mursia, 2001
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