PERITI E PERIZIE: Lettera di un collezionista
carmine criscuolo
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A "IL COLLEZIONISTA” - c’ è posta per te
Giustamente sui falsi la parola ai periti (Il Collezionista n. 7/8 pg.26) ma forse doveroso ascoltare anche quella dei collezionisti e in tale convincimento premetto di essere un collezionista di livello medio per cui da tale posizione la mia visione della situazione e le conseguenti valutazioni. Giudizio totalmente negativo per la perdurante contesa, finalizzata ad accaparrarsi quote di mercato, tra esperti, di diversa generazione e localizzazione geografica, che neppure riescono ad accordarsi sul significato univoco della posizione della firma sull’ oggetto esaminato o di una terminologia in rapporto alla qualità la cui incertezza, e a volte ambiguità (buono stato che può significare da cestino, privo di difetti occulti che non esclude la presenza di difetti visibili, etc, etc.), genera diatribe interminabili per una equa valutazione dell’ oggetto.
Eppure, in disaccordo totale, i nostri periti si presentano quasi all’ unisono sulla formula da utilizzare in certificazioni che, nella stragrande maggioranza dei casi, nulla certificano e, di conseguenza, niente garantiscono. Il problema non è nuovo (rammento che ne scriveva negli anni sessanta sulle pagine della splendida rivista FILATELIA il Dr. Luigi Raybaudi) e più volte posto ai diretti interessati che a chiacchiere disponibili per una soluzione nulla hanno mai fatto perché la situazione cambiasse. I tempi però cambiano e chissà che oggi qualcosa non possa mutare anche sulla spinta di un collezionismo medio di certo più maturo e attento che non in quei lontani anni quando peraltro i “periti” si contavano sulle dita di una sola mano.
“Certificare" è azione che ha una sua ben delineata fisionomia sia nella forma che nella sostanza e, soprattutto, non esplicabile da chiunque. La “certificazione” è un atto giuridico, con tutte le conseguenze previste dalla legge, rilasciata da soggetti investiti di determinate attribuzioni (nella fattispecie "collezionismo" iscritti negli albi di consulenza c/o tribunali o camere di commercio) ben diversamente dal “parere motivato” che atto giuridico non è e che, pertanto, può essere redatto da qualsiasi generico “esperto.
Dunque contraddizione palese tra l’ intestazione “CERTIFICATO” che formalmente presenta l’ atto come giuridico mentre l’ asserzione “E’ MIA OPINIONE “ ne fa scadere la sostanza a parere (spesso neppure motivato) per cui del tutto inutilizzabile per eventuale indennizzo in caso di lite giudiziaria a seguito di errore peritale dal momento ché l’ esperto sarebbe tenuto a risarcire il solo costo del pseudo-certificato e il mercante neppure un centesimo invocando a discarico di avere venduto l’ oggetto con attestazione di esperto essendo egli incompetente nel settore specifico. In definitiva il collezionista resterebbe, come in effetti avviene, con le proverbiali pive nel sacco. Non c’ è dunque da meravigliarsi se il nostro collezionista di medio livello, conscio della situazione specie per esserci capitato, rinuncia a tutto quanto può apparirgli insidioso anche se munito di firme e pseudo-certificazioni varie.
Un caro amico mi ha fatto visionare tempo addietro un certificato in cui l’ esperto utilizza, sembra di norma e non a richiesta suppletiva, nel testo la terminologia connessa all’ intestazione ovvero un lapidario “CERTIFICO”. Senza dubbio un bel passo avanti, cui non sembra abbiano aderito altri esperti, benché non ancora sufficiente per me collezionista dal momento che la garanzia, in presenza di eventuale errore, resta di ordine puramente formale in quanto ne risponde il sottoscrittore in proprio mentre predetta funzione di garanzia deve essere esercitata da chi possa, in solido e con certezza, indennizzare l’ eventuale danno. Ergo non può che essere una compagnia assicuratrice ad assumere tale funzione il cui costo deve giustamente ricadere sul collezionista cui deve essere sottratto il diritto di rinuncia. La certificazione deve essere per sua natura “garantita” e non lasciata all’ arbitrio del collezionista che comunque potrebbe sempre optare per una semplice “opinione” espressa con la sola firma apposta sull’ oggetto comunque in posizione interpretativa univoca.
Se si fosse adottata da tempo una tale condotta probabilmente oggi il mercato avrebbe già digerito l’ impatto e tratto i benefici di una situazione meno aleatoria di quella che finora ha imperversato senza regole e che potrebbe essere giunta alla fine, stante la nuova legislazione sulle “attività professionali”, sempre che non si riesca (non mi sorprenderei) a sottrarsi con qualche volo pindarico alla normativa in nome di quella miopia che ha fatto apparire vantaggioso ciò che nel tempo ha prodotto solo effetti negativi.
Non so se l’ attività di “perito filatelico” rientri tra le professioni riservate a soggetti iscritti in “Albi ed Elenchi” ma il fatto non credo costituisca un problema perché dal 10 Feb. 2013 (legge n. 4) anche le attività non organizzate in “Ordini o Collegi” purché volte alla prestazione di servizi o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo sono professioni e dunque i soggetti che le esercitano sono tenuti a stipulare, a norma del DPR n. 137/2012, idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall'esercizio dell'attivita' professionale, comprese le attivita' di custodia di documenti (in questo settore occorre dare atto che alcuni studi peritali hanno da tempo provveduto con polizze assicurative a salvaguardare l’ eventuale danno arrecato al cliente per eventi di forza maggiore) e valori ricevuti dal cliente stesso.
Mi auguro che i “periti filatelici” sappiano approfittare dell’ occasione costituendo una “associazione” che raggruppi la maggior parte, se non tutti, gli esperti anche pensando la possibilità di “certificati associativi” ovvero firmati dall’ “Associazione” da affiancare all’ attività dei singoli associati.
Il sistema assicurativo peraltro è strutturato in modo che i costi risulano proporzionali all’ incidenza dell’ evento negativo per cui le certificazioni di esperti con minor numero di errori costeranno meno all’ utente e, altro aspetto positivo, si innescherà di conseguenza un meccanismo virtuoso d’ eliminazione di quei periti di nome ma poco esperti o frettolosi di fatto. Inoltre a fronte di una diffusa richiesta si produrrà una discesa dei costi assicurativi che al momento appaiono proibitivi per l’ insussistenza della domanda. Vantaggio per il collezionista che certamente, come il sottoscritto, è disponibile a sborsare un proporzionale supplemento a fronte di una maggiore tutela ma vantaggio anche per il perito che vedrebbe ampliarsi l’ attività a seguito di un sicuro allargamento del mercato nonché per il mercante che potrebbe in siffatte condizioni tendere a invadere spazi anche non solo squisitamente collezionistici. L’ investitore vuole certezze mentre è lo speculatore a prediligere l’ incertezza e l’ instabilità.
Ovviamente, ritornando all’ assunto iniziale, le mie elucubrazioni restano nell’ ambito dell’ottica di un collezionista di medio livello, ovvero quella figura che può trarre solo beneficio dalla chiarezza ma che meno ha peso sull’ intero circuito movimentato evidentemente da ben altri poteri.
In definitiva mi chedo e chiedo al lettore: alterare lo statu quo conviene davvero a tutti ? Non certamente a coloro che, collezionisti o mediatori o commercianti…., trafficano per smerciare patacche e, spesso, neppure a buon mercato.
Auspico, pur consapevole che la lunghezza dello scritto pone problemi di ordine editoriale, che questo mio sfogo possa essere pubblicato e che si insaturi un dibattito in cui il collezionista faccia sentire la propria voce non fosse altro perché in ultima analisi è colui che sborsa i soldini, e a volte i soldoni, sia per gli oggetti che per gli esami peritali.
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